
Un giovane uomo arriva dopo un viaggio in nave in terra straniera per tentare, con una lettera di raccomandazione in tasca, di catturare la benevolenza di un ricco magnate del posto e di migliorare la sua modesta fortuna. A casa di quello che dovrà essere il suo protettore è in corso un evento mondano che è la somma di tutti i cliché sugli eventi mondani organizzati da riccastri: ci si scambiano complimenti e cortesi amenità, “si parlava con serietà di cose futili, più spesso si parlava futilmente di cose serie”. La reginetta dell’evento, la bella Fanny, è una ragazzina viziata che tratta tutti come domestici e camerieri. Ad un tratto il conte chiede un cannocchiale per osservare meglio una nave in porto, visibile dal colle su cui si trova casa sua. Uno sconosciuto individuo in marsina grigia, dall’aspetto smunto e dai modi incredibilmente servizievoli, tira fuori di tasca con la massima naturalezza un bel cannocchiale nuovo di zecca. Il nostro giovane e spiantato eroe sembra essere l’unico ad accorgersi di questa stranezza. Chiede ad altri invitati notizie sullo sconosciuto, ma nessuno sa nulla, e nessuno se ne cura granché. Questo misterioso individuo diventerà oggetto dell’attenzione sempre più incredula del giovane ospite quando, in rapida successione, tirerà fuori dalla stessa tasca, senza mai minimamente scomporsi, un ampio tappeto turco decorato, stanghe, pioli, tela e tutto l’occorrente per montare un gazebo e infine, incredibile a dirsi, tre cavalli da corsa. Ma la cosa più incredibile di tutte sarà la proposta che lo sconosciuto misterioso farà al nostro eroe, dopo averlo avvicinato sempre con toni esageratamente cortesi ed umili: sarebbe disposto a mettere in vendita la sua ombra? Possibile? Voler comprare un’ombra? Che sciocchezza è mai questa? E cosa se ne può fare una persona dell’ombra di qualcun’altro? Ma lo sconosciuto è circondato da una strana aura ammaliatrice, che sembra rendere in fondo perfettamente ragionevoli le sue offerte, e poi c’è la tasca, quella spaventosa tasca dalla quale, chissà come, tira fuori quello che vuole. In cambio dell’ombra egli è disposto ad offrire il Borsello della Felicità, un oggetto di fiaba al quale si possono attingere senza fine monete d’oro. Il nostro protagonista pensa che quest’uomo gli stia facendo un’offerta del tutto folle, che nessuno si possa prendere un’ombra come ci si porta via un cappello… eppure è abbastanza temerario da credere che farà un affare, che in cambio di qualcosa di completamente inconsistente avrà un mezzo per diventare immediatamente e magicamente ricco, senza sforzo, senza umiliazioni, senza doversi togliere il cappello davanti a baroni e parvenu arricchiti e cafoni. Quando accetta lo scambio, succede però l’inaspettato: lo sconosciuto, con la stessa pacatezza con cui ha tirato fuori dalla sua tasca cannocchiali e cavalli da corsa, stacca delicatamente l’ombra del suo allibito interlocutore dal terreno come fosse un foglio di carta velina, lo arrotola con la massima cura, se lo mette in tasca e, congedandosi cortesemente, se ne va. Questo, in sintesi, il punto da cui ha inizio il racconto della stupefacente storia di Peter Schlemihl – questo il nome del nostro protagonista -, il gioiello narrativo di Adelbert von Chamisso. Il tono favolistico e surreale di questa storia non deve farci pensare ad un semplice scherzo letterario: questo racconto, attraverso il meccanismo narrativo dell’ombra perduta, fornisce una raffigurazione della solitudine e dell’emarginazione che lo rendono degno di stare accanto ai grandi romanzi di Dostoevskij. Che cosa significa, dunque, perdere la propria ombra?
Continua a leggere “Quattro scrittori tedeschi: Chamisso”


